UOMINI E DONNE DELLA SPERANZA
Mons. Mario Delpini
Nel paese del disincanto.
Ci sono ancora uomini e donne che guardano oltre, uomini e donne della speranza nel paese del disincanto?
Nel paese del disincanto, dove si dice “quello che è stato sarà e quello che si è fatto si rifarà” (Qo 1,9), c’è ancora la gente della speranza, quella che sogna nuovi cieli e nuova terra?
Nel paese del disincanto e della rassegnazione, dove l’incompiuto invece che una promessa è subìto come la misura saggia di quello che si può desiderare, c’è ancora la gente della speranza, quella che crede alla promessa della gioia vera, quella che aspira all’eterno e invoca il compimento?
Nel paese del disincanto, dove si compatisce chi si impegna per costruire una città abitabile e una comunità fraterna e si scuote la testa come di fronte agli slanci degli adolescenti dicendo: ho visto tutte le opere che si fanno sotto il sole, ed ecco tutto è vanità e un correre dietro al vento (Qo 1,14), c’è ancora la gente della speranza, quella che si appassiona all’impresa di aggiustare il mondo?
Nel paese del disincanto, là dove tutto passa e tutto si ripete, dove la precarietà è l’insidia di ogni costruzione e la fine il destino di ogni vivente, c’è ancora la gente della speranza, quella che guarda oltre, che riconosce il germogliare della giustizia che rimane per sempre e crede che sarà la vita a vincere e non la morte?
La gente della speranza.
E a me sembra di riconoscere in ogni parte la presenza della gente della speranza. Non fanno rumore quelli della speranza, non perché non parlino, ma perché la loro voce è sovrastata dal rumore, dalle chiacchiere, dall’asprezza delle liti.
Non attirano l’attenzione, quelli della speranza, non perché non siano una presenza significativa, ma perché non esibiscono quello che fanno: sono dedicati a seminare, non hanno interesse agli applausi e alle fotografie.
Non argomentano con le statistiche né con i bilanci, non perché non siano realisti e rigorosi, ma perché hanno più interesse per i volti, le storie e sono inclini alla modestia: sanno del valore incalcolabile di ogni persona e perciò non contano quante persone hanno aiutato.
Non sono instancabili, non sono inesauribili, non sono mai soddisfatti, ma non abitano nel paese del disincanto: percorrono la via della speranza, sperimentano l’incanto di ogni sorriso restituito, la gratitudine di ogni vita che rinasce. Sono modesti, non sanno cosa siano i risultati, perché si ritengono incaricati di seminari, non di raccogliere. Sono la gente della speranza.
Chi siete, gente della speranza?
Viene da domandarsi: ma voi chi siete, gente della speranza? Da dove venite? A quale fonte vi dissetate? E se ascoltiamo la loro voce, mi pare che possiamo raccogliere la confidenza più come un invito alla condivisione che come una pretesa di rivelazione. La voce della gente della speranza è scritta nel vangelo: rendete a Dio quello che è di Dio (Mc 12,17).
Lo stupore che si fa cantico di lode. Grande è il Signore e degno di ogni lode (cfr Sal 145,3): a Dio il nostro canto, a Dio la nostra vita come un canto, perché mentre la sapienza mondana dà ragioni per il disincanto, chi dimora in Dio dimora nello stupore: il glorioso splendore della tua maestà e le tue meraviglie voglio meditare (cfr Sal 145,5). Il salmo della gente della speranza dà gloria a Dio, rende a Dio quello che è di Dio.
La contemplazione che si fa conformazione ai sentimenti di Gesù. Buono è il Signore verso tutti, e la sua tenerezza di espande su tutte le creature (cfr Sal 145,9): il cantico della gente della speranza non è solo voce, non è solo musica. È invece conformazione ai sentimenti di Gesù, è imitazione della sua bontà verso tutti, della sua sollecitudine verso i piccoli e i poveri, verso gli scartati dalla società: la gente della speranza non cammina verso la terra promessa con la gratitudine dei privilegiati, ma con la compassione di chi opera per la fraternità di tutti.
La speranza di vita eterna. Il tuo regno è un regno eterno (cfr Sal 145.13): la gente della speranza si affida alla promessa di Dio e guarda oltre la storia e quello che si può vedere, misurare, vendere, comprare. Il regno di Cesare è impressionante nella sua potenza, ma è precario e corre dietro al vento. Il Regno di Dio è un regno eterno: venga il tuo regno.
Don Isidoro.
Noi rendiamo grazie a don Isidoro per la sua testimonianza. Nel paese del disincanto ha continuato a dimorare nello stupore, pensoso come un intellettuale e incantato come un bambino, nella consuetudine dell’indifferenza ha praticato la compassione, nei fallimenti educativi e nell’incomprensibile violenza ha testimoniato una attesa più grande e una fiducia più invincibile. Apparteneva a quella gente che chiamiamo la gente della speranza. Ora incoraggia anche noi a percorrere, secondo quello che ci è chiesto oggi e che è possibile, la stessa strada. Chiama anche noi a essere la gente della speranza.
(Mons. Mario Delpini)