Non mi è semplice ricordare don Isidoro, un amico che muore a 46 anni, perché aveva tanto amore da donare. Quarantasei sono anche gli anni trascorsi dall’Ordinazione sacerdotale; cinquant’anni circa dalla nostra quotidiana frequentazione in Seminario. D’altra parte ho desiderio di parlarne perché la sua memoria, sono certo, dona quotidianamente luce e conforto alle scelte, di tutte le persone che gli hanno voluto bene e hanno ricevuto molto da lui.
A don Isidoro non piaceva parlare a vuoto; vorrei anch’io raccontarlo senza enfasi; solo con sincerità, fraternità e stima.
Come lo ricordo? Era un giovane intelligente, capace di pensare molto, perché appassionato alla vita e a conoscere di più. I suoi studi e il suo servizio al settimanale cattolico “Luce” testimoniano una profondità di riflessione e un desiderio di chiarezza, che portava a indicazioni di estrema chiarezza. Le sue omelie, che ho letto e riletto dopo la sua morte, evidenziano un amore grande per la Parola di Dio e per il percorso spirituale della comunità. Da lui ci si aspettava sempre, anche negli incontri tra noi, allora giovani sacerdoti, una riflessione che ci aiutasse a capire di più; il suo pensiero non era mai scontato.
Il giovane Isidoro, in Seminario, evidenziava qualche fatica nella relazione; qualche volta sembrava asciutto e sbrigativo; mai però disinteressato, tantomeno banale nei suoi atteggiamenti e nelle sue parole. Caparbio e determinato nello studio e nell’attività sportiva; stava volentieri sui libri e, nello stesso tempo, sui campi da gioco; niente faceva con superficialità.
Da sempre appariva seria la sua ricerca di familiarità, di confidenza con il Signore Gesù. A Maria di Magdala il Signore Gesù, risorto domanda: “Chi cerchi?”; e la chiama per nome.
Don Isidoro ha sempre cercato il Signore, si è lasciato interpellare da Lui; ha perfezionato risposte di obbedienza, di adesione alla sua chiamata. Ci si accorgeva della serietà del suo rapporto con il Signore. In cappella nelle celebrazioni liturgiche non eccelleva nel canto; forse conosceva soltanto una nota; ma con il Signore sapeva dialogare.
Non ricordo, in Seminario, momenti particolari in cui ho percepito la sua sensibilità verso le persone in difficoltà; sensibilità che poi si è grandemente evidenziata nella sua esperienza sacerdotale; certo, da sempre, ha mostrato il desiderio di ricercare l’essenziale, di non sciupare nulla delle risorse che il Signore gli aveva donato. E gli interessava conoscere la società in cui vivevamo, le contraddizioni che emergevano; tutto lo interpellava; tutto diventava motivo di conversazione e di confronto.
Desiderava abitare spazi e opportunità che gli permettessero di rivisitare il proprio cammino di fede e le risposte che la Chiesa andava formulando; voleva sempre orientare al bene le sue scelte.
Non correva il rischio di confondere la vita spirituale con momenti di preghiera, che potessero dare sollievo, ma non alimentassero l’incontro con gli altri; ricercava motivazioni che lo portassero a dare risposte sapienti alle domande che emergevano tra le persone che incontrava.
Sentiva di essere chiamato a comunicare la vita e ad illuminarla; non si lasciava affascinare dalle realtà che poi non avrebbero appagato il suo desiderio di amore e di servizio.
Come afferma Papa Francesco, don Isidoro non si lasciava “rubare la speranza”
Vogliamo custodire intensamente la sua memoria; non solo: desideriamo un po’ alzare il testimone che lui ha posto nelle nostre mani.